Durante un Duello di Scherma con spada laser, come ogni altro duello di scherma, il risultato finale viene definito da un prestabilito numero di “Cho”, termine che indica l’attacco andato a segno in una parte “vitale” dell’avversario, ovvero tutto il corpo esclusi il viso (per ovvii motivi di sicurezza) e le due aree che vanno dai gomiti alle mani e dalle ginocchia ai piedi.
Anche se per necessità di cose seguiamo ovviamente questa codifica strutturale, alla Tortellino Laser ci distinguiamo per l’interpretazione che diamo alla concezione stessa del Duello: ad ogni allenamento sottolineiamo ogni volta quanto questo non sia uno scontro contro un avversario, ma un momento di vera e propria comunicazione e dialogo insieme ad un compagno ed amico.
Affondi, parate, finte, ritirate ed assalti devono essere strutturati come una sorta di danza emozionale che svolgiamo insieme al nostro partner di scherma, senza che ci sia in alcun modo la voglia di competizione e di sopraffazione; non stiamo combattendo per stabilire chi è il più forte, il più tecnico o il più veloce, stiamo parlando attraverso i nostri corpi e le nostre spade. Se il nostro avversario vuole fare “cho” il più in fretta possibile, evidentemente non vuole dialogare con noi, probabilmente perché sta parlando da solo ed e’ troppo preso dal suo ego e dalla sua frustrazione personale.
Ora dirò una cosa forte: non ha senso e scopo incrociare le lame con un personaggio del genere, la comunicazione ed il dialogo attraverso la spada sono pressoché assenti, nessuno dei due imparerà nulla dal confronto ed avremo solo perso tempo, sarebbe come parlare ad una persona che sta ascoltando Heavy Metal a tutto volume nei suoi auricolari.
Che sia uno scambio di tecniche, un duello o durante un combattimento in un torneo, il “Cho” deve avere la stessa valenza di un punto alla fine di una proposizione o di un pensiero espositivo. Deve esserci, sia per prendere fiato, sia per finire il periodo, ma non deve essere lo scopo ultimo della frase: altrimenti, come detto in precedenza, evidenzia solo la voglia di non comunicare.
In alcune realtà ho sentito commenti ammirati per chi ha fatto tre “Cho” in 14 secondi al suo avversario: seguendo la metafora del dialogo, il livello di comunicazione espresso e’ al livello di “Io sono Groot! Io sono Groot!”. Il duellante non ha comunicato nulla ed il suo avversario non ha imparato nulla, tranne che lui “e’ Groot!”. Dopo la terza volta magari un po’ inizia a stufarsi e perde la voglia di confrontarsi nuovamente.

L’essenza del duello che pratichiamo qui alla Tortellino Laser e’ che i duellanti parlino la stessa lingua, allo stesso livello di comunicazione, senza che uno dei due sfrutti la maggiore tecnica od esperienza per dominare lo scontro: ogni schermidore esperto deve mettersi obbligatoriamente a disposizione del proprio compagno meno preparato per fargli capire come dialogare in una lunga e proficua comunicazione schermistica. Il “Cho” prima o poi arriverà, ma estremizzando il concetto, deve essere posticipato il più possibile e deve diventare quasi un rimorso quando lo si ottiene (“accidenti! Stavamo comunicando in maniera fantastica! Peccato aver interrotto la sequenza di scambi tra di noi, probabilmente non ho portato il mio attacco in maniera pulita e quindi non gli ho dato modo di pararlo!”).

Il Duello deve essere poesia e sinergia tra i due compagni, raggiungendo una sincronia tecnica ed emozionale totale, godendosi ogni momento di esso e protraendolo il più possibile. Questo è ciò che ci proponiamo di insegnare alla Tortellino Laser. Duello come comunicazione e non come scontro.
Infine, a ben pensarci, prendendo ad esempio i fantastici duelli che abbiamo ammirato nei film della Saga, nessuno si ricorderà mai di Anakin che fa a pezzi decine di droidi in pochi attimi, ma sono scolpiti nella nostra memoria gli interminabili scontri tra Darth Maul e Qui Gon Jinn, o tra Obi One e Anakin Skywalker.
Che il duello possa arricchirvi insieme, sempre!
Mistrolomeo